Al rientro da un viaggio trovo sempre difficile spiegare e trasmettere ciò che ho provato.
Le foto e i racconti non bastano a rendere l’idea delle emozioni che un viaggio mi trasmette ogni volta che metto piede in un nuovo paese, che sia per piacere o per lavoro.
Spesso mi viene chiesto perché scelgo di visitare un determinato posto, magari
una destinazione meno conosciuta, e la mia risposta è e sempre sarà: ma non sei curioso di conoscere un posto nuovo?
Il forte sapore del cumino in qualsiasi pietanza, gli odori delle spezie, i volti degli uomini e donne Uzbeke e i loro sorrisi dorati, quel blu inconfondibile delle moschee, madrasse e minareti, i balli in piazza a Bukhara…e ancora i colori della piazza illuminata di Registan a Samarcanda, la pazienza della nostra guida Zura, le infinite ore di pullman nel deserto Kyzylkum per passare la notte in yurta di fronte al lago Aydarkul, la voce del muezzin che richiama i fedeli alla preghiera, e soprattutto quel legame intenso che si instaura in poche ore con i compagni di viaggio che ti sembra di conoscere da una vita… questi sono solo alcuni dei ricordi che la tappa in Uzbekistan mi ha regalato e che porterò sempre nel mio cuore.
Perché alla fine sono i viaggiatori che fanno il viaggio ed è l’apertura e la curiosità delle persone che si incontrano che ci ricorda che, se vogliamo veramente, non esistono confini tra culture.
Esiste solo quel senso di mancanza e nostalgia che ti pervade al
rientro, e quella voglia di ripartire al più presto.
Questo viaggio mi ha ricordato di alimentare la mia curiosità, apertura e spirito di adattamento a nuove culture e persone con caratteristiche diverse dalle nostre.
E a tutti coloro che sono ancora indecisi a viaggiare posso soltanto dire una cosa: if we were meant to be in one place we would have roots instead of feet.
Elena Bertusi